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A parlar di “classici”, su e giù dal Turchino.

Siamo nel pieno svolgimento dei corsi di formazione promossi dal Cepell Educare alla lettura per gli insegnanti delle scuole secondarie di primo e secondo grado.


Sia a Genova, dove lavoriamo in sinergia con Andersen, sia ad Alessandria ci siamo ritrovati a confrontarci con gli insegnanti su quali libri proporre ai ragazzi per invogliarli a leggere: classici? Libri contemporanei?

Cosa fa sì che un ragazzo scelga una storia narrata in un libro rispetto a un film, ad un videogioco o ad altre attività?

Ma poi alla fine poniamoci una domanda essenziale: cosa significa classico? Cos'è un libro classico? Cos'ha da raccontare ad un ragazzo del 2000?

Definizioni come le seguenti, espunte dall'articolo di Italo Calvino "Perché leggere i classici", sono ancor valide? O sono troppo restrittive?


- I classici sono libri che esercitano un'influenza particolare sia quando s'impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale.


- I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio o nel costume).


- Un classico è un'opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso.


- I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti.*


Avremo modo di parlarne ad Alessandria il 16 marzo e a Genova il 22 marzo.


*I. Calvino, Perché leggere i classici, Mondadori, 1995. pag. 7 e seguenti.



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